No, non produce automobili di lusso, né appartiene all’alta moda e non si occupa di cucinare cibo delizioso.
Si occupa di ricerca e chimica, ma non per questo sarà meno interessante!
Anzi, per noi lo è ancora di più!
Ciò che produce sono delle alternative alla plastica che tutti conosciamo, quella prodotta a partire dal petrolio, che troviamo nella vita di tutti i giorni e che finisce, purtroppo, nei nostri oceani.
Stiamo parlando di Novamont: azienda leader nella produzione di bioplastica: proveniente da origine vegetale.
Ultimo stabilimento rigenerato di Mater Biopolymer
Le origini di Novamont
Novamont S.p.A nasce nel 1990 all’interno del gruppo Montedison per commercializzare i prodotti della controllante Fertec – Ferruzzi Ricerca e Tecnologia, il centro di ricerca voluto nel 1989 da Raul Gardini per sviluppare prodotti chimici a basso impatto ambientale utilizzando materie prime di origine agricola.
Un’intuizione la sua che aveva sollevato in origine solo sorrisi scettici. Un’intuizione in cui, come la storia insegna, bisogna credere e perseverare, anche se si può sembrare un po’ folli.
In quel periodo, le ricerche avviate dalla Fertec erano due: una riguardava i carburanti, il biodiesel, l’altra le bioplastiche che hanno come base l’amido di mais, il grano e la patata.
L'intuizione del Mater Bi
Su questo secondo progetto si concentrava il lavoro di ricerca del team affidato a Catia Bastioli, ora amministratrice delegata di Novamont S.p.A.
Nel 1990, viene avviata la prima produzione di Mater-Bi a Terni.
Nel 1991 viene realizzato con la Walt Disney un orologio biodegradabile ottenuto dalle pannocchie di mais e abbinato al settimanale Topolino.
Dopo l’orologio, si sono prodotte altre alternative alla plastica: il primo sacco biodegradabile in Mater-Bi per la raccolta del rifiuto organico, posate, bicchieri, piattini e altri prodotti per il foodservice, le capsule compostabili per il caffè, ma anche imballaggi e applicazioni per l’agricoltura.
Novamont, con le sue soluzioni sostenibili, rappresenta un caso italiano a livello di integrazione di economia di sistema, ripartendo dai siti chimici nazionali, ma in armonia con il paesaggio.
Novamont, con le sue alternative alla plastica, rappresenta un caso italiano a livello di integrazione di economia di sistema, ripartendo dai siti chimici nazionali, ma in armonia con il paesaggio.
Cosa fanno esattamente?
Dal mais ricavano l’amido, da colture oleaginose come cardo e cartamo coltivati in terreni marginali ottengono gli oli e dagli zuccheri ottengono il bio-butandiolo. Da tali materie, nasce la bioplastica Novamont, il Mater-Bi da cui prendono poi origine i prodotti compostabili quali le shopper che troviamo nei supermercati.
Bisogna tenere bene in mente questo dato:
Un sacchetto di plastica tradizionale si autodistrugge in 200 anni. Le alternative alla plastica si biodegradano in massimo sei mesi.
Bio-plastiche biodegradabili e compostabili
Il Mater-Bi, a differenza di altre materie plastiche tradizionali, è infatti biodegradabile e compostabile.
Il processo di biodegradazione del Mater-Bi, svolto da microorganismi, produce acqua, anidride carbonica e metano.
Le bioplastiche certificate biodegradabili e compostabili Novamont, in accordo con la Norma Europea Uni En 13432, se correttamente smaltite dopo l’uso in accordo con le pratiche del proprio Comune di residenza, costituiscono parte del compost creato dagli impianti di compostaggio industriale.
La plastica vegetale si trasforma così in concime fertilizzante che può essere impiegato in agricoltura.
Degli specifici tipi di bioplastica possono essere usati in agricoltura per la pacciamatura sotto forma di biotelo, risolvendo così il problema dello smaltimento, in quanto la pellicola è lasciata a decomporsi naturalmente sul terreno.
Da un'economia di prodotto a un'economia di sistema
Dall’agricoltura per l’agricoltura, in un circolo virtuoso. Quello dell’Economia Circolare.
Rigenerazione di siti dismessi
I siti di Novamont in ItaliaNovamont conserva il suo centro direzionale in Piemonte ma il gruppo è composto da quattro siti produttivi, due centri di ricerca, sedi commerciali in Germania, Francia, Regno Unito, Spagna e Stati Uniti e un ufficio di rappresentanza a Bruxelles (Belgio).
Negli anni, ha messo a punto 5 tecnologie proprietarie prime al mondo e circa 1800 tra brevetti e domande di brevetto. Novamont investe il 5% del fatturato in attività di ricerca e il 22% del personale è dedicato ad attività di ricerca, sviluppo e innovazione.
In Italia, ha inoltre rigenerato e dato nuova vita a sei siti deindustrializzati trasformandoli in bioraffinerie e centri di ricerca, a Novara, Rovigo, Patrica e Caserta.
Il modello Novamont sottolinea l’importanza ed il valore del suolo. Infatti, sia nella scelta di riconvertire impianti esistenti invece di utilizzare nuove terre vergini, sia nelle coltivazioni delle materie prime da cui poi si otterrà la bioplastica, privilegia l’utilizzo di terreni marginali, evitando lo sfruttamento e la coltivazione di nuovi terreni.
Ricerca ed economia circolare
Il portafoglio di Novamont oltre alle bioplastiche, conta anche i bio-erbicidi (formulati di acido pelargonico) che potrebbero mandare in pensione i diserbanti più utilizzati al mondo considerati dannosi per la salute (come il tanto criticato glifosato). Inoltre, Novamont produce anche il Celus-Bi una famiglia di ingredienti biodegradabili per il settore cosmesi, ottenuti da materie prime rinnovabili.
Grazie alle fonti rinnovabili e alla biodegradabilità in diversi ambienti, i prodotti Novamont possono contribuire alla tutela degli ecosistemi di acqua e suolo.
Un approccio diverso, un'attenzione al suolo e all'ambiente novamont catia bastioli alternative alla plastica
Catia Bastioli, amministratrice delegata di Novamont
Catia Bastioli, amministratrice delegata di Novamont e presente in azienda fin dai suoi inizi, evidenzia l’importanza del suolo, di una terra sana e fertile, imprescindibile per una futura funzione produttiva.
Si dice inoltre a favore di movimenti giovani come quello di Fridays for Future e sostiene che:
“L’impiego di compost rappresenta un’importante soluzione a due ordini di problemi: da un lato, evitare che il rifiuto organico finisca in discarica, dall’altro, apportare un prezioso ammendante per la fertilità dei suoli”.
Si dice inoltre a favore di movimenti giovani come quello di Fridays for Future e sostiene che:
“È necessario riconnettere economia e società con la questione ambientale facendone un elemento di qualità per i territori. L’economia si è modificata nel tempo lasciando crescere business sempre più grandi che hanno generato onde gigantesche gestite con una visione a corto raggio, senza saggezza nella gestione delle risorse. Il movimento che ha avuto come catalizzatore Greta è un fatto positivo di stimolo e vanno date risposte serie questa volta.”.
La Cura della Terra come antidoto all'inquinamento ed alla diffusione del virus.
In una recente intervista per il Corriere Economia, Catia Bastioli ha dichiarato che “la cura della terra è il primo passo della svolta nello sviluppo non solo tecnologico della nostra società” e “lo tsunami Covid-19 ha messo a nudo le fragilità dei nostri sistemi produttivi, fondati su globalizzazione, senza radici, interconnessione e delocalizzazione, quel modello si è dimostrato debole e non è più replicabile. Dobbiamo abbracciarne un altro che affondi le radici nel suolo e nella sua rigenerazione”. Perchè ve ne parliamo? Perchè presto avremo l’onore di poter conversare con loro e domandare direttamente a degli Esperti numerose curiosità che ci sono venute in mente, curiosando e studiando i loro lavori.
Se anche voi, dopo averli scoperti, avete delle domande da porre non esitate a contattarci!